domenica 27 settembre 2015

La relatività del dolore

Mi ricordo quando mia mamma è entrata in depressione. Io avevo circa 15 anni. Mi ricordo che in un primo momento non sapevo bene cosa stesse succedendo. Quando inizi il liceo e cominciano le prime uscite, i primi baci, i primi impegni e i primi grandi dubbi da piccola donna, hai un bisogno immenso della tua mamma. E' forte, primordiale quasi, forse più grande di quello che senti quando sei un neonato e ti attacchi al seno per succhiarne la vita. Più di quando tua madre è come una chiesa, una terra santa e incontaminabile, che nulla, mai al mondo, potrebbe farti dubitare di lei.
Perché ti prendono quei dubbi che ti segneranno per il resto della vita, le cui risposte ti renderanno donna, responsabile del tuo corpo e della tua mente. E poi questi si accompagnano a quei bisogni che nascono da un'invidia agrodolce nei confronti delle tue amiche, delle ragazzine della tua età. Mi ricordo che pensavo anche io voglio uscire a fare spese con mia mamma, anche io voglio che mi faccia provare tante magliette e mi consigli sul colore, anche io voglio raccontarle del mio ragazzo, anche io voglio che quando torno da scuola mi chieda come è andata la giornata, o si sieda accanto a me e mi chieda cosa sto studiando, anche io voglio che lei ci sia quando gioco la finale di pallavolo o c'è una lettura pubblica del mio autore preferito in libreria. Anche io volevo che mi abbracciasse, ogni tanto, o che venisse a darmi un bacio senza che glielo chiedessi. Mi ricordo che ho pensato fortissimo voglio che tu ci sia quando mi premieranno, quando salirò sul palco di fianco a Montanari e Pennacchi, e presenteranno il libro con i racconti vincitori. E poi ancora più forte vorrei che ci fossi, oggi, quando dovrò sostenere l'orale della maturità, seduta vicino a papà. Oppure vorrei che quest'anno festeggiassimo il Natale con tutta la famiglia, non solo noi tre soli.
E mi ricordo che in quel periodo ho pensato tanto, urlato tanto, sono qui, mamma, perché non mi vedi?, e lei guardava altrove. O, meglio, fissava sempre dentro di sé, ma non trovava niente.
E ora questa cosa è tra di noi, sepolta, ma non dimenticata del tutto, e ci giriamo intorno per non ricadere nella buca. Io cerco di dirle mamma, non ce l'ho con te, ma il buco resterà sempre, e ho sempre tanta paura che tu ci ricada dentro. E lei cerca di dirmi lo so che sono stata in un angolo buio per tanto tempo, lo so che ti ho dimenticata, ma non ti voglio più rendere un'ombra sulla parete, ci sto provando.
Ieri parlavamo del fatto che la mia relatrice è molto contenta di me e del lavoro che sto facendo. Mamma era orgogliosa. Ad un certo punto ha detto, quasi balbettando, che io mi sono fatta da me. Da quando mi hanno insegnato a tenere lo spazzolino da denti, o a trascinare la sediolina di plastica rossa sotto il lavandino per arrivare a lavarmi le mani. O a tenere la forchetta e infilzare le penne. Io mi sono sempre fatta da me. 
E penso che c'è tanta amarezza in questa frase, ma che è anche la prova che sì, posso farcela da sola. Che tutto il tuo dolore, in fondo, è servito a qualcosa. Esiste una relatività del dolore, vedi?
Mamma, non ti preoccupare, ti amo e posso anche camminare da sola, quando tu non puoi venire con me. Anzi, so che posso farlo per tutte e due.
E di questo, te lo giuro, non ti accuserò mai.
Io sorrido, sempre.

Sorridete sempre anche voi.


mercoledì 23 settembre 2015

Red Equinox

Un post lampo per salutarvi.
Per dirvi che mercoledì ho un esame, il più temuto probabilmente, e che se tutto va bene giovedì me ne torno in UK per una settimana, ma da turista questa volta (e da tesista, se riesco a infilarci qualche capatina in biblioteca).

Vi lascio anche le chiavi di ricerca dell'ultimo mese. Una casca a cecio, dopo un rocambolesco e goliardico tentativo di abbordaggio da parte di un runner, questa mattina:
-Ehi, che bel cagnolino. E' tuo? Che razza è?-
(Premesso che Pagnotta è di una razza inconfondibile e alquanto nota).
-Un pagnotta nano.-
-Oh, meraviglioso. Come la padrona, del resto. Senti, che dici se domani mattina andiamo a prenderci un caffé dopo il mio solito giro?-
-No, grazie, sai, ho un ragazzo..
-Ma come sei inflessibile. Neanche dovessi sposartelo. E' grosso?-
-Abbastanza. E ho pure un migliore amico ancora più grosso.- 
-Allora forse invito qualcun'altra.-
-Mi sa che è il caso.-

Insomma, le chiavi di ricerca:
-Shakespeare
-come nascondersi in palestra
-reggiseno per esame universitario
-provarci con l'assistente

Non pensavo che il mio blog avrebbe preso una svolta così a luci rosse!
Buona giornata a tutti voi e un abbraccio collettivo.

Vostra
G

venerdì 18 settembre 2015

Proustiamoci gli affari di G

Ho visto sul blog di Patalice questo bel post, il Questionario di Proust, e l'ho trovato molto carino! Inoltre, sulla spinta diaristica ormai cavalcante del mio blog, ho pensato di fare un po' di sana autobiografia. Dunque, ecco qui un po' di affaracci miei. 
Il tratto principale del mio carattere: 
Sono determinata. Costante e instancabile come la goccia cinese, altre volte come, per citare Mariella, un cartepillar. Non mollo mai, se penso che ne valga la pena, e cerco ogni giorno di pormi degli obiettivi. Il che probabilmente, citando questa volta Gigante, è anche un difetto, perché tende a rendermi una maniaca del controllo.

Qualità che desidero in un uomo:
Mi piacciono gli uomini che sanno qual è il loro posto nel mondo, che mi sanno tener testa e che sappiano prendere le briglie della situazione. E se sono divertenti e, amano leggere, il quadretto è perfetto!
  
Qualità che preferisco in una donna:
Il sapersi mettere in discussione. Noi donne spesso pensiamo di avere l'esclusiva su tutto, sul dolore, la gioia e così dicendo. Mi piacciono le donne che sanno essere empatiche e sanno mettersi nei panni delle altre. E mi piacciono le donne che non si buttano giù, perché ho poca pazienza con chi si dispera per frivolezze e fa una tempesta in un bicchier d'acqua, soprattutto se ha tutto il potenziale per vivere bene e serenamente.


Quel che apprezzo di più nei miei amici:
Di Gigante amo l'onestà e la semplicità; non ha peli sulla lingua e non perde occasione di dirmi che ho fatto una corbelleria. Inoltre mi fa ridere come pochi. Ed è un cinefilo come me, quindi adoro anche questo nostro interesse in comune.
Di Gnappetta mi piace la dolcezza e l'empatia, sa dare ottimi consigli e analizzare con calma e saggezza ogni situazione. Anche lei legge moltissimo, e amo che sappia consigliarmi romanzi nuovi (è stata lei, grande appassionata, ad introdurmi agli autori russi).
In generale, so di essere un po' rompina; ho spesso bisogno di una parola dolce e di sentire che loro ci sono, ma cerco di non farglielo pesare, e generalmente mi aspetto molto dai miei amici.


La mia principale qualità:
La costanza e l'acume, di cui vado molto fiera.


Il mio principale difetto:
Il perfezionismo, l'essere miss-so-tutto-io e la timidezza.


La mia occupazione preferita:
Leggere, sempre e ovunque, e passare del tempo con Pagnotta, il mio cane.

Il mio sogno di felicità:
Vivere di ricerca e di studi. So che potrei passare la vita a studiare letteratura e sarei felice. E vorrei che i miei genitori trovassero un po’ di serenità, quindi mi piacerebbe diventare un megasuperprofessore in qualche università, che so, tipo Hogwarts e comprargli una casa al mare dove poter vivere di rendita. Troppo materialistico?
Mai senza:
Pagnotta ed i miei genitori. E sicuramente mai senza un buon libro.

Magari senza:
La disoccupazione di mio padre, i debiti, le preoccupazioni.

Se fossi un animale: 
Un cavallo. Anche se domabile, resta libero nell'essenza.

Pittori preferiti:
Klimt, sensuale e opulento, Kandinskij, inafferrabile e visionario, e Vermeer, tutto luci e ombre.
Il paese dove vorrei vivere:
Inghilterra, manco a dirlo. Un paesino nelle campagne dello Yorkshire o una cittadina scozzese.

Il colore che preferisco:
Tutte le tonalità di verde e blu.

Il fiore che amo:
La margherita. Mi piace che sia semplice ed essenziale.

I miei autori preferiti in prosa:
Shakespeare (conta, anche se è teatro?), Ian McEwan, che è sublime, Marlowe (riconta?), Harper Lee, Christa Wolf, DonDeLillo, Jonathan Franzen, Emily Bronte, Kazuo Ishiguro, Darko Suvrin, Gary Taylor.

I miei poeti preferiti:
Shakespeare, Robert Frost, John Donne, Frank O'Hara, Philip Larkin, Umberto Saba, T.S. Eliot.

I miei eroi nella finzione:
Gli XMen e soprattutto Magneto. Ho sempre trovato affascinante la parabola della sua vita, da vittima dell'odio raziale a carnefice.

I miei musicisti preferiti:
Damien Rice, Matthew Perryman Jones, Peter Bradley Adams, Eric Clapton, Sting.

I miei eroi nella vita reale:
 Margherita Hack, una mente ed un cuore geniali. Rosa Parks. Giordano Bruno. Elisabetta I.
La mia relatrice, un esempio di donna e di docente. I miei genitori.

Quel che detesto più di tutto:
Le persone che non sanno apprezzare quanto sono fortunate. Gli ipocriti e chi ragiona per luoghi comuni.

I personaggi storici che disprezzo di più:
Probabilmente i medici, come Rascher, che hanno condotto gli esperimenti nei campi di concentramento.

Il dono di natura che vorrei avere:
Vorrei saper suonare il violoncello. Adoro la musica e grazie a Tegolino ho sviluppato un certo orecchio, ma sono negata per qualsiasi strumento!

Stato attuale del mio animo:
Locomotiva a vapore!
Le colpe che mi ispirano maggiore indulgenza:
Credo le bugie a fin di bene e troncare le relazioni all'improvviso. Un sacco di mie amiche ne hanno sofferto e si sono sfogate, però in passato l'ho fatto anche io, e posso capirne i motivi.

Il mio motto:
La strada più facile raramente è quella migliore.

giovedì 17 settembre 2015

Full Metal G

Dalla foto potete ben capire che ieri è stato il mio primo giorno di palestra. Parliamone.
Tralasciando l'ambiente molto carino, organizzato e colorato, l'impressione è stata generalmente positiva. Fermo restando che non ho mai visto né tanti muscoli e sudore rinchiusi nella stessa stanza, né tante facce esauste come la mia (e nemmeno tanti fondoschiena messi insieme, nello spogliatoio).

Partiamo dal principio: ci sono andata con Girasole, la nuova fidanzata di Gigante, e mi sono molto divertita, con lei che è un po' come me, timida ma solare, e un'ottima persona con cui trascorrere tempo a parlare di schiocchezze e di cose serie.  Lei è già iscritta da anni, per cui mi ha accompagnato a fare il giro turistico e a provare la sala pesi, dove ero nelle mani del pompatissimo personal trainer. Terminator, tanto gentile quanto arcigno e nerboruto, mi ha detto con un certo tatto di dovermi concentrare sulla cardio per i primi tempi, così da abituare il corpo al futuro lavoro di tonificazione che ha in mente per me. Per cui eccola là, mi spedisce, sempre molto gentilmente, su alcune macchine infernali che mi fanno sudare quanto un ghiacciaio in pieno Agosto. Vedete l'asciugamano rosso ciliegia arrotolato in borsa? Bene, dopo 10 minuti ero già così. Dopo la prima macchina, che credo si chiami ellittica, avevo le gambe che sembravano fatte di gelatina, ma il mio orgoglio era troppo per cedere al principio. Testa dritta e naso alzato, mi butto anche su una specie di bicicletta per le braccia, sentendomi abbastanza un'idiota, pedalando allegramente in faccia ad un muro. Poi, sempre mooolto gentilmente e incoraggiandomi, mi spedisce 30 minuti sul tapis roulant. Io, dentro di me, esulto. Bene, sono nel mio elemento, questo posso farlo con cognizione di causa. Mi piazzio lì su e lui mi dice di aumentare gradualmente la velocità e che sarebbe passato a ricontrollare.
Ok, è facile, mi dico. Aziono il tappeto e inizio ad aumentare la velocità e a tenere il passo. Nel mentre, esamino l'ambiente, soffermandomi sulle ragazze che fanno gli addominali accanto a me, truccate come una fusione tra Melanie Griffith e i Kiss, con gli orecchini di perle e la pettinatura perfetta, e un po' rido e un po' mi impensierisco di essere lì, tutta rossa, con un diavolo per capello, lentigginosa e completamente nature. Poi guardo alcuni degli istruttori, che sembrano i cugini di Hulk Hogan e hanno i capelli impomatatissimi (anche se pochi), saltare su e giù mentre fanno il circuito di Functional Training. Poi le vecchiette, che mi sorridono indulgenti, mentre sudano anche loro fino ad assomigliare a teneressime albiccoche disidratate. Poi gli uomini, alcuni veramente belli, scolpiti e statuari, altri bassi, pompati e con le facce da rospetto. E mentre li guardo, mi cade l'occhio su due che sono dall'altra parte della sala e mi guardano. Subito penso, ecco, sai le risate che si staranno facendo. Poi mi rendo conto mi lanciano occhiate furtive e annuiscono tra loro mentre parlano. E penso, forse starò facendo qualcosa di sbagliato. Forse vado troppo piano. Sempre più rossa, arrivo a 7.5 km/h e mi accorgo (oltre a registrare vagamente che non faccio tanta fatica), che mi guardano e sorridono e annuiscono ancora tra loro, parlando. E penso, ma che ho scritto Gioconda in fronte?! Sto quasi quasi per chiedergli se c'è qualcosa che non va, quando mi cade l'occhio allo specchio di fronte ai tapis roulant, e mi rendo conto che, pur coprendomi abbastanza, il mio reggiseno sportivo non sta facendo bene il suo lavoro, facendomi assomigliare a una bagnina di Baywatch. Loro si accorgono che me ne sono accorta e si rimettono, in silenzio e rossi più di me, a tirar su il bilanciere. Il primo istinto è scendere, ma poi penso eh no, tanto se scendi e fai qualcos'altro il tuo tanto ammirato fardello resta lì e allora scrollo le spalle e mi dico, beh, fate pure, io ho una missione. E resisto senza mai fermarmi fino all'ultimo secondo, gongolando quando Terminator mi dice che per una principiante 7.5 è un'ottima velocità e anche, perché no, per il non tanto sottile apprezzamento dei due bodybuilder.

A fine lezione, mi faccio una doccia e parlo con la responsabile, che mi inonda di parole, parole, parole, tra le quali registro il prezzo e pochi altri dettagli, annuendo professionalmente, come faccio quando ho a che fare con persone come lei, un po' fredde ed efficientissime. Mi prendo l'appunto mentale di chiedere a Tegolino cosa diavolo siano le mille macchine ed attrezzi che dovrebbero essere usati nei corsi per lavorare su altrettanti muscoli di cui ignoro la collocazione, e mi riprometto di tornare venerdì (cioè domani).

Non avevo mai concretamente realizzato che esperimento sociologico sia, la palestra, e nemmeno quanto può essere rilassante per persone come me. Sudavo e faticavo, ma ero completamente rilassata, senza pensieri, e credo fosse dovuto al fatto che per una volta i ruoli si sono invertiti; io, che di solito, al lavoro e nella vita, coordino, organizzo, consiglio, e so di quello che parlo e quello che faccio, ero in una posizione completamente vulnerabile, una tabula rasa, un cagnolino da circo da addestrare, e non è mi dispiaciuto, seguire le direttive e i consigli di qualcun altro, senza protestare e impegnandomi. E' una sensazione diversa e molto riposante.
E poi la fauna che si incontra nelle palestre è singolare: le già citate Barbie, i pompatissimi, i magrolini, quelli che si impegnano tantissimo, i fomentati, le rotondette come me, gli abituati, i saltuari. E' bello chiudersi in un piccolo microcosmo fatto di testosterone, sudore, fatica e muscoli, almeno per me che ho sempre allenato un solo muscolo, il cervello. Ecco, metterlo in pausa almeno per un po' quando sto lì, mi sembra una delle cose migliori che potrei fare!

A fine giornata, la perla di Tegolino. Lo chiamo e metto il vivavoce, per svuotare la sacca:
-E quindi, questo è tutto, Terminator ha detto che devo fare cardio e poi piano piano rassodare un pochino qui e là! Poi, glielo ho detto, voglio lavorare sui punti critici femminili, tipo glutei, fianchi...-
-Ma tu hai un fondoschiena... cioè, non puoi cambiarlo, a me piace così, da brasilera, da pacca! E' tanto, così va bene!-
-...Tegolino, lo sai che sei in vivavoce?-
-...ah.-

Prevedo molti resoconti delle mie imprese sportive in arrivo e per il momento mi glorio di aver resistito per tutti i 50 minuti e i 45 addominali, senza colpo ferire, e di essermi svegliata stamattina indolenzita, ma a testa alta. Il sergente Hartmann sarebbe fiero di me, lo so.

martedì 15 settembre 2015

Un brivido per regalo!

Tutto è nato dall'ultimo post di Moz, su di un fantasma dispettoso (che io ho elegantemente soprannominato Fantasma Formaggino).

Visto che, credo (ovviamente, non posso averlo visto, ma ho avuto la netta sensazione che fosse così!), aveva gli occhi a cuoricino, e mi ha chiesto di parlarne meglio in un post...eccolo qui!
Mozzino, è tutto tuo!

Dunque, alcune premesse sono dovute.
Io sono una fifona incredibile. Giuro. Roba che a 10 anni mi hanno raccontato la trama dell'Esorcista, e ho dormito per un anno nel lettone dei miei. 
La letteratura inglese è intessuta di fantasmi e di confronti con il paranormale, come Banquo o il Re di Danimarca, oppure i fantasmi di Dickens, o i demoni delle morality e di Faustus, o ancora gli ambigui personaggi di The Turn of the Screw di Henry James (leggetelo, se non lo avete fatto, è sublime!). Insomma, tutti questi mi affascinano, ma, da anglista quale sono, semplicemente per il fatto di essere costruiti, perché sono personaggi indimenticabili, enigmatici e oscuri. Li amo perché sono artifici sopraffini.

Il mio primo (e direi unico, con una certa vergogna) film dell'orrore è stato The Woman in Black e solo perché era ambientato nelle campagne inglesi, altrimenti ne avrei fatto volentieri a meno. Mamma e babbo ancora mi prendono in giro per l'urlo isterico che ho tirato quando il fantasma esce all'improvviso da un muro. Eh, beh. Ognuno ha i suoi talenti.

Proprio a causa della mia fifonaggine acuta, appartengo a quel gruppo di persone che "non mi voglio porre il problema dell'esistenza del paranormale, perché se solo subodorassi qualcosa passerei una vita nell'insonnia". Sostanzialmente se qualcuno un giorno mi dicesse che è scientificamente provato che i fantasmi esistono, mi tapperei le orecchie e comincerei ad urlare "Non sento niente, non ti sento!", più o meno come nel video che vi posto (qui).

Eppure, credo che una volta o due mi sia capitato di confrontarmi con qualcosa che normale proprio non è: la sera della morte di mia nonna, a cui ero legatissima, ero a letto, distrutta tra il pianto e la stanchezza della giornata. Guardavo il soffitto e cercavo di dare un senso alla cosa. Poi, giratami sul fianco a fissare il vuoto, sento qualcuno che mi bacia la guancia. Un tocco leggero, ma distinto, chiarissimo. Alzo la testa, ma non c'era nessuno in camera. Ecco, io ci metterei la mano sul fuoco, nonostante il mio essere un'agnostica del paranormale, che quel bacio era di mia nonna.

Poi, un altro episodio, molto meno rassicurante, è successo ai miei mentre ero in Erasmus, e i due maledetti me lo hanno detto solo un anno dopo. Mio padre dormiva sul letto, mamma guardava la tv in soggiorno. Insomma, mio padre sente camminare sul letto, come se qualcuno vi fosse salito e fosse in piedi. Inizialmente ha liquidato la cosa pensando che fosse il nostro cane (nome in codice da oggi: Pagnotta), ma poi, quando mia madre è andata a letto, ha scoperto che Pagnotta era sul divano con lei e che sul piumone c'erano delle impronte, delle "buche" come se qualcuno vi fosse stato appoggiato.
Qui Beckett ci si sarebbe fatto un paio di risate, visto che mio padre è cardiopatico e per poco non gli prende un coccolone.
La cosa si è ripetuta ancora e ancora, e solo ora mi hanno confessato che è andata avanti per mesi, anche quando sono tornata io da Malta.
E cosa ancora più tragicomica, è che tre giorni fa io e Tegolino abbiamo dormito su quel letto per tre giorni, perché i miei erano via. Ecco, io non ho avuto il coraggio di dirglielo e ho faticato ad addormentarmi... Quindi... Tegolino, se mi leggi, beh, ora lo sai. Se non mi leggi, beh, almeno uno dei due farà sempre sogni tranquilli sul quel letto.

E poi giungiamo al mistero della casa qui sopra, che vedo tutti i giorni nei miei viaggi interminabili verso l'università: dicevo a Moz che ha avuto tantissimi proprietari, ma nessuno è mai riuscito a portare a termine il lavoro di ristrutturazione, perché ogni mattina i muri abbattutti tornavano su, le impalcature venivano smontate, gli strumenti scomparivano e tutto tornava come se non fosse passato nessuno. Insomma, dopo una decina d'anni l'hanno abbandonata a sé stessa, ma la cosa più singolare è che nel parco che la ospita è cresciuta una pianta d'edera, che avvolge solo il cancello di ingresso e la porta, come se volesse impedire a qualcuno di entrare. Cosa ancora più strana è che non aumenta né in quantità né in volume, rimane concentrata lì, sempre nella stessa forma e posizione, sebbene nessuno si occupi di dare una sistemata in quel giardino.
Alcuni parlavano del fantasma di una bambina, altri del vecchio avido proprietario che era morto solo e senza parenti, un po' come Mazzarò di Verga, e che voleva che la casa restasse sua anche dopo la morte. E poi, a dirla tutta, ogni volta che ci passo davanti, anche se splende il sole, intorno alla casa sembra sempre buio (probabilmente anche a causa dei cipressi lì intorno).
Realtà o suggestione?

A presto per il resoconto del mio primo giorno in palestra!
G

domenica 13 settembre 2015

Ci sono momenti nella vita

Ci sono momenti nella vita che prima o poi devono arrivare. Ecco. Il momento, cari amici lettori, è giunto. Ineluttabile, irreprensibile. Mi piego al mio destino.
Cari lettori, G. si è decisa a segnarsi in palestra.

Ebbene sì. Proprio lei, G., l'antisport per eccellenza, il topino di biblioteca, l'anglista alta quanto un miniMammumt della Newton Compton, ha deciso che è arrivato il momento di dare una svolta al suo lungo e tormentato rapporto con lo sport.
G. nasce ballerina, ma poi per un infortunio smette di zampettare sul palco come una cavalletta impazzita. Il che, vi sorprenderà, è un bene, viste le ulcere nervose ogni volta che doveva esibirsi.
G., ormai avrete capito, non è un animale da palcoscenico.
Poi passa una fase alla Elizabeth Gilbert, della serie Iscriviti, paga e lascia, in cui si dedica agli sport più svariati, tipo tennis e pallavolo (ad onor del vero, come ricevitore era anche bravina).
Poi arriva il liceo, l'infortunio al ginocchio, e la decisione di buttarsi sullo jogging solitario (ma anche qui, quando leggo le imprese di Francesco, sento di star facendo qualcosa di non deontologicamente corretto).
Un giorno scopre il biliardino e, come è giusto che sia e come è da sempre nella vita di G., scopre un talento che non la porterà mai alle Olimpiadi. Eppure ci spera ancora, un po' come in Forrest Gump, di arrivare ai mondiali di biliardino contro la Cina.
E qui finisce la sua carriera sportiva, se si esclude
  • record di sollevamento chopsticks per sushi e cinese
  • record di salto in lungo in seguito ad avvistamento ragno
  • miglior tempo di fuga dall'onda in spiaggia coi jeans
  • record di sollevamento cucchiaio e forchetta
  • medaglia d'oro in pisolino pomeridiano
  • medaglia d'oro in sollevamento libri tesi su una sola spalla
  • record mondiale di attraversamento facoltà in 1'36'' netti
  • medaglia d'oro contro Tegolino in apnea subacqua al mare
 Dunque, in settimana inizierà la mia nuova vita da sportiva. Una nuova era. Non so ancora su cosa mi butterò, ma so per certo che l'istruttore deciderà di cambiare mestiere.

Un abbraccio collettivo!
G

sabato 5 settembre 2015

Tempo (relativamente) libero

 Un libro per la tesi + uno per sospirare e riflettere + uno perché ho voglia di brividi.
Insomma, three gusti is meglio che one!




mercoledì 2 settembre 2015

It's a long time from May to December...

Ciao a tutti, scrivo  dal mio regalo di compleanno, un telefono che sembra progettato dalla Nasa, paragonato al mio vetusto e ormai pensionato ex cellulare. Il regalo è da parte di Tegolino, che spesso mi vizia più di quanto qualsiasi persona meriti.
Insomma, è arrivato Settembre, e io vi lascio qualche appunto sui primi due giorni settembrini:
* Credo che Gigante si sia innamorato, finalmente! Non che non lo sia mai stato, ma ultimamente la sua mente vagava in cerca di non si sa bene che cosa, mentre ora ha persino ammesso che avevo ragione, che la ragazza per cui ho fatto il tifo nell'ultimo anno lo rende davvero felice. Quello che mi fa davvero felice è vederlo sereno e sapere che lei gli vuole davvero bene. So che è preoccupato di come sarà tra qualche mese, quando lei partirà per gli States per più di un anno, ma la sera del mio compleanno l'ho visto davvero rilassarsi e in pace con se stesso e con lei. È difficile da spiegare, considerando che la sua filosofia di vita è già di per sé all'insegna dell'Hakuna Matata. Però posso provare, dicendo che era una serenità diversa, più consapevole, più felice.
* La mia migliore amica, Gnappetta, ha dimenticato il mio compleanno. O meglio, ha perso il conto dei giorni e mi ha fatto gli auguri il giorno dopo, scusandosi. Le ho detto di non preoccuparsi, che non è successo nulla, ed è vero, ma una parte di me ci è rimasta un po' male, perché mi sembra che ci sia sempre meno spazio nella sua vita da un po' di tempo a questa parte. Spero che riusciremo a recuperare un po' la nostra sintonia.
* Tegolino aspetta una risposta importante dal Nord Europa. Se fosse un sì, vorrebbe dire separarsi, ma io sono davvero speranzosa e voglio con tutto il cuore che parta e faccia la sua vita. È giusto così, ce lo siamo sempre detto; non voglio che un giorno ci ritroviamo in una casa piena di cose, una per ogni mancanza o o occasione non presa al volo, a covare segretamente rancore per esserci messi il guinzaglio a vicenda. Checché ne pensino tutti, è inevitabile che entrambi facciamo di tutto per dare un senso alla nostra vita accademica e professionale. Il modo di reintrecciare le nostre vite lo troveremo, ne sono sicura, anche più e meglio di prima.
* Domani primo giorno da assistente! Tremate, matricole!

P.s. In foto, il secondo regalo di Tegolino. Indovinate chi è? Tanto è facile, dai.
P.p.s. Chi indovina da cosa è tratto il titolo del post?

Un abbraccio a tutti!

(Prego, notate i punti e a capo... AMO questo telefono!)

G.