Il momento in cui capisci di essere entrato nell'età adulta è scandito da tanti eventi diversi. La prima volta che guidi una macchina, la laurea, il primo colloquio di lavoro, il primo stipendio, il primo viaggio con le amiche, la prima storia seria, i primi grandi dolori.
Sulla mia soglia c'è una consapevolezza.
Ho capito che l'amore, adesso, non è fatto quasi più di prime volte.
C'era il primo bacio, la prima volta che qualcuno ti aspettava davanti scuola, il primo "ti amo", la prima volta che fai l'amore.
Adesso ci sono gesti che abbiamo visto e rivisto tante volte. Alcuni li abbiamo vissuti talmente spesso che non ci meravigliano più. Le uscite con gli amici, il pranzo in famiglia, i viaggi, fare l'amore, raccontarsi del proprio passato, regalare dei fiori, un litigio.
Però ho capito anche che, se siamo abbastanza saggi per capirlo, abbiamo la chiave della felicità in mano e possiamo usarla per aprire la porta.
Non c'è passato che tenga, per quanto simile, per quanto a volte si viva di dejà-vu, dobbiamo concentrarci sulle sensazioni che quei momenti già vissuti ci regalano.
Mangiare la solita pizza o il solito sushi, ma rannicchiarsi a guardare quel film che volevamo tanto vedere, in una bolla che sa di casa; il pranzo in famiglia, ma le risate genuine e, invece di percepirci come due in una tavolata, sentirsi sempre un singolo, uno parte di un noi che è anche parte di un tutto più grande; quei viaggi in cui poi ti rendi conto che le stesse strade danno sensazioni diverse, che questa volta quasi quasi sei tu a dover abbassare il volume e puoi giocare al gioco delle domande quanto vuoi, e che non importa la meta, a volte puoi perderti, senza programmare; svegliarsi la mattina pelle a pelle, caldi e morbidi di sonno, e abbandonarsi alle sensazioni ad occhi chiusi, con pigrizia e dolcemente, rapiti da quel là ed ora, senza passati, senza futuri.
E poi ci sono quelle pennellate nuove, quei tocchi di colore che ti sorprendono e che non devono essere troppi o tanti, ma che se ci sono ti strappano un sorriso in più. Una colazione al letto o un sorriso al momento giusto, e tutto si sedimenta.
La porta si apre da sola, la chiave nemmeno serve.
La chiave serve per mettersela in tasca e ricordarci che c'è, che quello che abbiamo, benché non nuovo, non "primo", a volte simile, è tutto quello che abbiamo e dobbiamo goderne, senza occhi al passato, forse solo occhi al futuro.