giovedì 22 settembre 2016

Ci è voluto un po'

Ci è voluto un po', lo so.
Però sono di nuovo qui, più incasinata che mai e più treno in corsa di quando vi ho lasciati.
Gli ultimi mesi sono stati pieni di eventi, un nuovo lavoro come assistente di regia, tanti bei viaggi e tante esperienze che tenevo nascoste nel cassetto da un bel po'.
Il mio primo viaggio con le amiche ha coinciso con il ritorno a "casa", a Malta, e mi ha portato un'ondata di ricordi, nuovi e vecchi, e tante, tante risate. E anche una bella contusione sugli scogli, tanto per gradire.
Il lavoro con il regista mi ha fatto entrare nel magico mondo dello spettacolo, mi ha procurato un quasi esaurimento nervoso e mi ha permesso di conoscere i meccanismi del teatro dal dietro le quinte. E anche di passare otto ore sul tacco 12 avanti e indietro per le scale di un museo.
E sono da poco di ritorno da un seminario di studi Shakespeariani, di cui mi è rimasto l'amore per la letteratura, tanti nuovi amici un po' più anzianotti di me e non, la possibilità di avere le mie prime due pubblicazioni e, per inciso, una sciarpa pagata 20 euro perché la mia l'avevo dimenticata.
Insomma, sono sempre G, non cambierò mai.
Vi racconterò molto altro nei prossimi post, ma nel frattempo vi lascio un bacio grande. Mi siete mancati, famiglia!

Sempre vostra.
G

lunedì 30 maggio 2016

Cosa ho imparato negli ultimi due mesi

Negli ultimi due mesi ho imparato molte cose. Forse è per questo che non sono riuscita a parlarvene. Ero lì che cercavo di capire un po' come stesse funzionando il mio mondo. Avete presente quando vi ritrovate in un mondo nuovo, tipo quello di Huxley, in cui devi imparare a muoverti da zero? Ecco, io ero lì a leggere il manuale delle istruzioni.
Ho imparato che essere indipendenti è un bene prezioso, ma che a volte lasciarci coccolare dalle amiche più strette è la panacea di tutti i mali.
Ho imparato che a volte bisogna dimenticare di pensare e fare le cose di pancia, senza troppi se e ma, e che bisogna circondarsi di persone che ti fanno ridere e che non devi sempre esser tu a far sorridere gli altri. Permetti agli altri di farti sorridere, mi dicevo.
Ho imparato che per Banana, l'allegra del sud, sono diventata una sorella, e sono felice perché per me lei è esattamente la stessa cosa. Mi è entrata nel cuore in punta di piedi e penso che non se ne andrà mai più.
Ho imparato che spesso la distanza, in una famiglia, non allontana i cuori. E quindi per la laurea di mia cugina le/ci ho regalato i biglietti per l'unica data italiana di Damien in Luglio. Per cui, per chi fosse lì, se vedete una nanetta lentigginosa con gli occhi a cuoricino, quella sarò io.
Ho imparato che l'amore è come un mobile dell'Ikea. Tu stai lì, metti in ordine i pezzi davanti a te e un po' ottuso e un po' innamorato, pensi di essere in grado di montarlo da solo, senza l'aiuto di nessuno. Tiri su la struttura ma poi ti accorgi che ti sono avanzate delle viti. E tu fai finta di niente, li metti da parte pensando che tanto non ti serviranno mai, che sicuramente c'è stato un errore. Finché poi ti accorgi che la struttura cade giù e tu non hai ben capito nemmeno come.
Ecco, la cosa più importante che ho imparato negli ultimi due mesi è che l'amore è come un mobile dell'Ikea, ma senza manuale delle istruzioni.
E che di manuali di istruzioni, nella vita, ce ne sono davvero, davvero pochi.

Sempre vostra, in via di ripresa
G

martedì 19 aprile 2016

Spent

Lo so che vi ho abbandonati. 
Ho appena visto il commento di Mari che si è impensierita e mi sono resa conto che dovevo fermarmi, almeno un minuto, e farmi sentire, dirvi che sto bene, o almeno credo.
Non so cosa abbia contribuito di più al mio silenzio. Togliere i denti del giudizio non è stata cosa facile, soprattutto a meno di due settimane dal supermegaconvegno, eppure, dopo essermi gonfiata come una zucca e aver resistito all'impulso di buttarmi dalla finestra per il dolore, mi sono sgonfiata e lanciata corpo e anima in questa grande e faticosissima esperienza che è stato il convegno in onore dei 400 anni della morte di Will. Oh, se sapesse che cosa abbiamo fatto, quanti treni, ore in piedi, pasti saltati solo per lui. 
L'esperienza è stata fantastica, avere le più grandi menti Shakespeariane nella stessa sala, a pochi passi, attaccarci bottone con ogni scusa, e vedere uno dei più grandi anglisti al mondo chiederti su cosa stai lavorando, TU!, piccolo esserino con un diavolo per capello che correvi a destra e sinistra per registrare gli ingressi, portare bottigliette d'acqua, ascoltare di nascosto gli speakers, sistemare microfoni e così via. MI sono resa conto di quante persone ci sono che amano quello che amo io, di che piccola grande comunità siamo, ognuno con i propri vanti, i propri spigoli e inclinazioni, e come le relazioni tra i "grandi" siano spesso una delicata e intricata partita a scacchi. 
E' stata la settimana (e il mese di grandi preparativi) più soddisfacente della mia vita, ma mi ha lasciata completamente spenta. Una terra desolata che fatica a riprendere le forze, i ritmi, i fili del discorso, ma che oggi è rientrata in facoltà in pompa magna e alla velocità di una Ferrari, lanciata di nuovo a tutta velocità contro un muro.
E in tutto questo il mondo non smette di girare. Perché non smette di correre? La giostra va veloce e la mia testa corre e corre e corre e io non mi sento pronta a raggiungere quei pensieri che mi precedono, e ogni tanto si girano e mi sorridono indulgenti, dicendomi "Tanto prima o poi dovrai affrontarci" e io mi nascondo, chiudo gli occhi e cerco di vivere minuto per minuto, e fallisco miseramente, perché mi sale l'ansia.
Ma dov'è finita tutta l'energia e il sorriso che avevo durante il convegno? Se per caso li incontrate, rimandateli da me.
Nel frattempo, vi abbraccio tutti e vi leggerò presto, piano piano, riprendendo i fili anche della vostra vita.
Con immenso amore,
G

lunedì 14 marzo 2016

Un filo rosso ciliegia


Guardavo le foto di noi due, le pose buffe, le facce più tonde, i sorrisi più timidi dei primi scatti insieme, con le rovine alle nostre spalle, qualche bacio, la mia foto preferita, in cui tu suoni la chitarra e io ti abbraccio, quei terribili pantaloni giallo fosforescente che portavi sempre, i miei boccoli più lunghi, quella maglietta blu che adoravo mettere, perché mi baciavi sempre le spalle scoperte, il naso spellato della nostra prima vacanza insieme.
Poi ho pensato a tutti i luoghi, alle cose fatte, ai musei visitati (ti ricordi quello dell'Oriente, dove ero rimasta incantata a guardare le porcellane cinesi? e quello della musica, dove tu mi spiegavi come funzionava la chitarra a sette corde? e quello d'arte contemporanea, dove ho passato quindici minuti dentro quell'installazione luminosa che odiavi tanto?), alle persone che hanno vissuto con noi giorni e notti, alle lezioni insieme, alla laurea, al nostro anno maltese, a quando abbiamo visto I Masnadieri a teatro, a quella prima notte, in cui ho capito che, vicino a te, il buio non mi faceva più così paura.
E ho sentito che il mio cuore è sempre teso verso di te. Ovunque sei, per quanto tempo starai via, il mio cuore è con te. Dovrà passare un altro anno e mi manchi tanto, ma c'è un filo, me lo immagino rosso ciliegia, che lega le nostre giornate, i nostri malumori e le gioie quotidiane. Se lo tiri, puoi sentirmi vicina. Se lo tiro, posso sentire il tuo respiro.

domenica 6 marzo 2016

Cose di cui mi sono resa conto in questi giorni

Cose di cui mi sono resa conto in questi giorni:

-essere assistente è faticoso. Ci sono tante cose in ballo, tipo la fiducia della Mente, bilanciare l'essere quel mezzo gradino sopra gli altri studenti e il non diventare un Cerbero a tre teste, fare mille cose, cercare anche di anticipare le richieste della Mente e quindi farne altre mille, e perfezionare la faccia da poker quando ti ritrovi in cattedra e davanti a te ci sono la cazzuta, la dolce, la romana de roma e l'allegra del sud, più le tue compagne con cui, parallelarmente, segui gli ultimi due corsi della carriera universitaria (ma da studentessa). Pensavo che avrebbe comportato una qualche spaccatura, che sarebbe stato difficile e che molti l'avrebbero vista come un affronto alle regole, ma il solo guardare il sorriso incoraggiante dell'allegra del sud, anche detta Gemella (tutti i professori sono convinti che siamo sorelle, perché ci somigliamo tantissimo), e percepire come i miei occhi le cerchino quando qualcosa fa ridere o quando devono assolutamente appuntarsi qualcosa di importante, beh, ha fugato i dubbi. Per ora.
Poi ovviamente ci sono i lati superpositivi, tipo poter consegnare pezzi della tesi in privato, senza fare ore ed ore di fila al ricevimento, e avere un feedback molto più spassionato e istantaneo nei momenti più impensabili, tipo la pausa durante la lezione o il percorso dallo studio all'aula. 

-forse questa tesi non è così disastrosa come pensavo. Ho avanzato un'ipotesi rischiosa, da prendere con le pinze e da presentare per iscritto con altrettanta chirurgica cautela. Se andrà in porto, sarà un po' il rock and roll degli studi shakespeariani, ammesso e non concesso di raggiungere un giorno tanta visibilità ed approfondire ulteriormente lo studio. Ad ogni modo, la Mente è entusiasta, e, considerando che mi aveva rifiutato l'argomento non appena glielo proposi per poi ripensarci, questo è decisamente un buon segno. 
Dopo aver delineato lo scheletro, poi, tutto comincia ad avere molto più senso nella mia testa, cosa che prima forse non potevo dire.

-generalmente siamo felici per i baci dati. Tipo, io sono felice che quel giorno ormai lontano Tegolino mi abbia baciata. Ma davvero davvero davvero felice. Però sono anche felice che il mio migliore amico non lo abbia mai fatto. Un Gigante è per la vita. O forse si può avere un solo Gigante nella vita e quindi te lo devi tenere stretto. Sta di fatto che è davvero confortante avere un amico vicino, che torna dagli States e ti porta una maglia, ma non si scorda la cartolina che gli avevi chiesto in principio, e che porta un bustone di caramelle per la prima serata cinema. Insomma, sono felice di poter contare su di lui.

-non riesco mai a scrivere i post che vorrei. Ne ho tanti in bozza, ma ho altrettante traduzioni (sono entrata da poco nel mitico mondo della traduzione occasionale freelance), lavori per il convegno e studio arretrato da fare, quindi niente, resto una blogger sconclusionata e tapina.

Vi lascio con Bob e con questa canzone, che ho sempre immaginato un po' come colonna sonora del mio cervello iperattivo. 
Un abbraccio globale!

venerdì 26 febbraio 2016

From Teutonia with love

Non credo sia mai passato così tanto tempo dall'ultimo aggiornamento o dall'ultima volta che ho letto di voi. Sono davvero dispiaciuta. Ecco, però, se mi perdonate, che vi racconto l'ultimo mese.
La cosa più meravigliosa è stata sicuramente il viaggio in terra tedesca da Tegolino. Dio, quanto mi è mancato. E' stato uno di quei viaggi pieni, rotondi, tutti curve e morbidezze, che ti fanno sentire a casa anche se lontano mille miglia. Pieni di cibo, di risate, di cose nuove e di lui.
La sua casina da scapolone, tutta bianca e legno chiaro, con il padrone di casa russo che entrava agli orari più impensabili per finire di ristrutturare la seconda stanza mentre Tegolino era a lavoro e io in casa, imbacuccata come un befanino appeso alle bancarelle di Piazza Navona, a lavorare per il convegno shakesperiano o sulla tesi. Le chiacchiere con il signore russo, che bussava ed entrava in punta di piedi, e aveva una chiacchiera che, per la miseria!, mi ha costretto a superare il mio imbarazzo cronico nell'interagire in tedesco e a parlare, sbagliare dieci parole su nove, ma a parlare.
Sapevate che bistrot si fa risalire alla presenza russa a Parigi, quando i soldati russi misero i parigini a lavoro e urlavano "bistro! bistro!", che vuol dire "schnell, schnell!" o "veloce, veloce!"? Io l'ho scoperto da questo signore. O che in Giappone ogni verdura, indipendentemente da cosa sia o quanto pesi, costa come un euro? O che frutta come l'ananas in Giappone è una frutta da donare quando si è in visita a qualcuno e non una frutta da tutti i giorni? Eh, v'ho stupito, eh?!
Oh, intendiamoci, io ve lo riporto, ma considerate che me l'ha detto in tedesco, quindi potrei aver capito tutto il contrario...
Le giornate in casa ad aspettare il rientro di Tegolino in serata erano buffe, insomma, condite dalla presenza del russo, del lavoro incessante al pc, ma anche poi da quella dose di coraggio che mi ha spinto a uscire da sola, un giorno, e ad arrivare al centro per una passeggiata. La città era bellissima, una Venezia in miniatura, l'aroma delle Bäkerei dappertutto, e quel giorno c'era persino il sole. 
G, ovviamente, si è persa, è arrivata a piedi dall'altra parte della città, poi è tornata indietro, poi preso il tram ma scesa alla fermata sbagliata in mezzo ai boschi. Insomma, prendete una pallina da flipper, aggiungetele un cappellino di lana grigia, una sciarpona e i doposci peluccosi e avrete G su e giù per la Germania.
Ho riscoperto il sapore dell'insicurezza linguistica e culturale. Non mi ero mai data tanta pena nei miei viaggi. In UK sapevo che non avrei mai avuto problemi, in Spagna sapevo farmi capire, a Malta meglio ancora. Ma è vero che quando non sei padrone di una lingua non ti senti padrone di nulla, né dei mezzi di trasporto, dei menù nei ristoranti, né delle relazioni interpersonali. Però la cosa buona è che non ho mai, mai, mai parlato in inglese. Ho sempre usato il tedesco, anche se persa, nel panico e con zero idee su dove fossi o cosa dovessi fare. Quindi posso essere contenta di me stessa, dopotutto.
Sono felice di aver visto la vita tedesca di Tegolino. L'ho visto sereno, sicuro di quello che sta facendo, contento dei colleghi, che ho incontrato una sera in un locale messicano e con cui abbiamo parlato inglese, tedesco, italiano e spagnolo come nelle barzellette (C'erano tre italiani, due spagnoli, un'ungherese, un italotedesco allo stesso tavolo in un locale messicano. Decidono di andare a vedere The Revenant in inglese ma sottotitolato in tedesco...). 
Mi sono mancati tantissimo i suoi abbracci, rannicchiarmi contro il suo petto la notte, ridere con lui nel buio della notte, le sue carezze, andare in giro a cercare negozi di musica, sentirlo schiarirsi la voce in giro per casa, cucinargli il ragù, guardarlo negli occhi e sentirmi a casa, girare per casa, vedere i suoi maglioni, il suo spazzolino, sentire il suo profumo e, anche se sola, con un panzone russo a martellare nell'altra stanza, sentire di essere nel posto più bello del mondo.
E poi nostri tour culinari che ci hanno portato solo in locali tipici, ad assaggiare Schnitzel, Spätzle, Knödel, Maultaschen, Brezen -quanti ne ho potuti mangiare!- e, soprattutto, cioccolata, dolci, torte... Strudel!!!! Ecco, forse non vi ho detto una cosa di me: AMO, assolutamente VENERO qualsiasi tipo di dolce che contenga mele e cannella, i miei ingredienti preferiti. Lo Strudel, manco a dirlo, è il mio dolce preferito e ne mangerei quintalate a colazione, pranzo e cena (cosa che per poco si è concretizzata in Germania). 
Tutto con Tegolino è sempre assolutamente colorato, pieno, pittoresco, quasi da scriverci un romanzo. Un giorno ci siamo ritrovati in una bottega polverosa di un liutaio cieco che gestiva il negozio con una signora cinese tanto vecchia da sembrare un fossile di trilobite, vestita in abiti cinesi e con un tedesco perfetto. Tanto per citarne una.
La lingua, poi, è stata frutto di tante risate. Il tedesco di Tegolino è fantastico, ma quante risate quando il mio, ancora zoppicante, mi faceva capire le cose meglio di lui! Una sera incontriamo una signora tedesca: Tegolino stava facendo una foto, io lo guardavo e vedo avvicinarsi questa signora con una sua amica, che un po' preoccupata ci chiede "Können Sie uns helfen?". Io faccio per aprire bocca, ma Tegolino si gira, fa una faccia buffissima ragionando con gli occhi al cielo e fa "Ne, ne, dankeschön!"*. Io e la signora lo guardiamo ad occhi sbarrati e lei se ne va, un po' sconsolata. Al che mi giro e dico "Tegolino, ma non aveva bisogno di noi quella signora?". Lui sbarra gli occhi, io gli ripeto le esatte parole, ma con un accento molto meno bavarese, e lui le urla di tornare indietro, che aveva capito male.
Per non annoiarvi oltre, vi lascio con una delle canzoni colonna sonora della mia vacanza in Germania e vi lascio un bacio per uno.
G

*"Ci potreste aiutare?"
"No, no, grazie!".

martedì 2 febbraio 2016

Reazione a catena (e non è il programma tv)

Ve lo dico?
Ve lo dico.
No, non ve lo dico.
Ma sì, ve lo dico.
Ve lo dico?
Basta, ve lo dico.
Nella scaletta della mia tesi ho inserito un paragrafo che ho intitolato "When social planning backfires".
Ecco, nel mio caso attuale, potrei dire "When having no plans backfires".
E così è successo. Ricordate che ho fatto domanda per uno stage all'estero, pensando che mai avrei vinto la scholarship. Quando ci si mette in lista per questi stage in teoria si deve prima aver trovato un datore di lavoro. Io, se vi ricordate, ho fatto domanda a sei ore dalla scadenza, sotto un impulso che mi ha preso alla sprovvista. Ovviamente non avevo un'azienda pronta per me e questo mi aveva automaticamente convinto a non sperarci. 
L'anno scorso due mie compagne fecero domanda con due stage ben programmati a Berlino, le aziende pronte ad accoglierle con il comitato del benvenuto, ma non hanno superato la selezione.
Figurati. E invece ieri, bam, chiamo l'ufficio di competenza e mi dicono che sono in riserva e che ci sono abbastanza fondi da far partire anche noi in riserva. Ma quando lo cerco di proposito, tutto questo qlo, dove l'è?!
Da lì è iniziato un vortice senza fine. Neanche Flash Gordon avrebbe mai potuto fare più in fretta di me. 
Ore 11 scrivo in Inghilterra per chiedere se mi accetterebbero a lavorare all'ufficio Erasmus dell'università. 
Ore 14 mi precipito in studio dalla Mente e cominciamo gli ultimi orali di questo appello, tesa come una corda di violino al pensiero dell'immane opportunità che mi era appena piombata addosso senza il minimo preavviso. Ero talmente distratta che la prof ha dovuto farmi cenno più volte per esortarmi a correggere la lettura agghiacciante dei poveri malcapitati che facevano l'esame. Alcuni hanno trasformato il Richard II in un rap di 50 Cent. Alack.
Ore 16.45, in un momento di pausa, confido tutto alla Mente, che prontamente scrive una mail per chiedere a un suo ex studente di lì di seguire la mia pratica, se fosse possibile.
Ore 18, riprendo l'autobus e comincio a scrivere una cover letter.
E in tutto questo i miei non erano minimanente pronti alla notizia. Babbo era stoico, più o meno, mamma è caduta nello sconforto, praticamente ammettendo che li ho messi di fronte al fatto compiuto, che sarò lì da sola, senza nessuno.
Insomma, mamma è sempre la persona ideale se vuoi essere rassicurata.
E questa mattina, appena ho aperto gli occhi, ri-bam!, trovo lì la risposta che mi informava che sarebbero delighted di avermi lì e che aspettano la mia cover letter.
Oddio. 
Adesso ho capito il senso metaforico dell'espressione "prendere una tegola in testa in mezzo all'oceano Indiano". A me è arrivata proprio in fronte.
E adesso sono qui davanti al pc, a mangiare pane e cioccolata, e non so se cominciare a saltare di gioia o essere terrorizzata. 
Ci sono così tante cose in ballo. La tesi che potrebbe ritardare, una sessione di esami che potrebbe saltarmi e costringermi a dare l'ultimo esame solo il prossimo anno, io e Tegolino che quasi non ci incontreremmo, la borsa che non coprirebbe tutti i costi e tutti i soldi che dovrò mettere da parte.
Però ci sarebbe l'opportunità di fare un'esperienza da sola, finalmente, e riprendermi quell'Erasmus inglese in solitudine che non ho mai fatto, l'inglese che migliora, nuovi orizzonti professionali che potrebbero aprirsi, la Mente che mi ci manderebbe a calci se potesse e la tesi da poter preparare in una delle migliori biblioteche del Regno Unito.
Sento che ormai la reazione a catena è iniziata e non può essere fermata. Voi che dite?
Per la prima volta sto facendo davvero qualcosa ad occhi chiusi, senza il mio solito paracadute che consiste in un'attenta e precisa pianificazione, e non so se mi sembra liberatorio o mi spaventa a morte. Forse entrambe.
Tra dieci giorni, intanto, andrò a trovare Tegolino e passerò le giornate nel suo appartamentino bianco a scrivere la tesi, mentre lui sarà a lavoro, e le serate insieme a lui, a parlare e a valutare tutti questi grandi cambiamenti che ci stanno investendo, a ridere, a coccolarci e a chiudere gli occhi e sentirmi in pace, almeno per sette giorni. Non vedo l'ora.
Vi lascio con Andreas Bourani, le stradine del video che sembrano tanto quella in cui vive Tegolino, e questa dedica teutonica che ultimamente canto sempre a squarciagola, con Pagnotta in braccio.