mercoledì 28 gennaio 2015

To be or not to be?

Libera dall'esame, volevo farvi un saluto.
La mia giornata si può riassumere in tre punti:
-Sono usciti gli orari del secondo semestre. Saranno tre mesi che le fatiche di Ercole a confronto sembrano una villeggiatura con tanto di Piña Colada. Un giorno caricherò la foto dell'orario completo, per ora vi dico che il martedì, il mercoledì e il giovedì ho lezione, senza pause, dalle 9 alle 18. Metteteci un'ora e mezza per tornare a casa e capite più o meno cosa mi si prospetta.
Del resto dovevo aspettarmelo, ho deciso di forzare la mano e provare a laurearmi in meno di due anni. Mi piacerebbe proporre una tesi simile a quella che feci per la triennale, sull'influenza del teatro religioso medievale su Christopher Marlowe. La prof fu contentissima perché esplorai qualcosa di non trattato dalla critica e ne vado molto fiera. 
Per battere il colpo di genio della triennale, però, mi serve un'idea altrettanto valida, dunque sto facendo ricerche su ricerche, scalette su scalette, riassunti e abbozzi, da presentare alla prof per scegliere un argomento. Sono indecisa se concentrarmi su Shakespeare (evergreen di tutti gli anglisti, ma anche la loro passione) o su altro (William Golding, Walter Scott, Robert Burns sono i più quotati).
-Ho ricevuto il programma dei quattro giorni di conferenza a cui parteciperò. Dire che sono in brodo di giuggiole è dire poco. Ho prenotato il volo e organizzato alla bell'e meglio la futura sessione d'esame (si svolge a Luglio). Riproporrò la mia tesi triennale, visto che il tema della conferenza di quest'anno è Reform and Renewal: nel mio caso, i temi e le caratteristiche formali del teatro religioso medievale sono confluiti in Marlowe, in cui assistiamo a un cambiamento da tragedia medievale a tragedia, in forma embrionale, rinascimentale (che diventerà la futura tragedia shakespeariana). Non mi dilungo, perché potrei parlarne per ore!
-Mi ha lasciato perplessa il caso Corona. Sono sempre più convinta che la giustizia, in Italia, sia solo per chi ha i mezzi per comprarsela. Penso alla famiglia dell'infermiera che fu uccisa alla stazione Anagnina da un ragazzo, e a lui, che dopo nemmeno un anno di carcere è uscito e sta lavorando "per rifarsi una vita" ai domiciliari. Oppure a quell'uomo evaso dai domiciliari, nonostante fosse responsabile della morte di una bambina di nove anni. E penso a Corona (poteva essere anche un Mario qualunque), contro cui c'è questo accanimento omertoso solo per compiacere le persone, ricche, potenti, a cui ha pestato i piedi con i suoi ricatti. Malgrado creda fermamente che chi ha commesso dei reati debba pagare, ho i brividi al pensiero che la legge sia applicata in maniera così palesamente iniqua, che chi non è o non ha abbastanza non ha diritto ad avere giustizia, che non siamo tutelati. Quando penso a certe cose, il to be or not to be? di Hamlet, assume tutto un altro significato.

Vi abbraccio tutti,
G

martedì 27 gennaio 2015

L'attesa è essa stessa esame.

Vi scrivo dall'aula dell'esame. Oggi ho il monolitico esame di Letteratura Italiana. Le condizioni attuali sono queste: il prof si è dato alla macchia per una non meglio precisata riunione di dipartimento; ero la seconda prenotata e mi sono passate 10 persone davanti; l'appello era alle 9.30 e il prof per la fretta ha iniziato alle 9; della serie "non tutti i mali vengono per nuocere", mi sono alzata alle 5.30 e ho preso l'autobus alle 6.30, per cui sono in facoltà dalle 8; studio da anni e cerco di usare un lessico articolato e adeguato al contesto d'uso, poi sento delle uscite raccapriccianti tipo "no, prof, ho detto una cavolata" oppure "sì, Mattia Pascal prende la palla al balzo" e fioccano voti alti: al di là dei voti, trovo triste che si parli così con un professore...e studi Letteratura? Non so, forse la mia acredine è eccessiva e anacronistica; sto scrivendo dal mio telefono antidiluviano, per cui niente punti a capo, niente corsivo né immagine, probabilmente troppi errori di battitura. E il prof è ancora fuori. E ho un sonno indicibile. Ahimé, cara università, lo so che mi mancherai comunque! Buona giornata a tutti voi!

venerdì 23 gennaio 2015

"Eh?" Storia di come nasce un amore

Oggi mi è capitato di raccontare come io e Tegolino ci siamo conosciuti. Per cui vi ripropongo la storia.
E' uno di quegli aneddoti che mi fa sempre sorridere.
Mi ero appena seduta in aula, quattro anni fa, dove si teneva Letteratura Italiana. Ogni giorno dovevamo portarci il Mengaldo, un colosso che la Bibbia, il Corano e Guerra e Pace insieme in confronto sembrano Topolino.
Insomma lo apro e vicino a me si siede lui, alto una quaresima e trafelato. Il professore era appena arrivato. Insomma, lui mi guarda e mi fa:
-Posso seguire con te? Ho dimenticato il libro, oggi.-
-Certo!- gli dico io, e avvicino il libro.
Dopo due ore di lezione faccio per rimettere gli appunti in borsa e lui mi ringrazia con un sorriso a trentadue denti. Non so come, finiamo a parlare della lezione e del fatto che Montale fosse il suo poeta preferito.
-Oh, sì, mi piace molto, ma il mio preferito è Saba.-dico io, candida, sempre rimettendo tutto in borsa.
-Saba? Come mai proprio lui?-
Io ci penso un secondo su e mi alzo.
-Perché non ha bisogno di grandi parole per fare poesia. La sua è una poetica pastello.-
Gli sorrido e vedo che rimane zitto. Al che mi alzo e ci salutiamo. 
All'epoca non diedi molto peso al suo silenzio.

Solo dopo un bel po' che stavamo insieme, mi confessò che quel giorno si era ammutolito perché lo avevo spiazzato e non sapeva cosa rispondere. Era talmente in imbarazzo da applicare la regola "se non hai nulla di intelligente da dire, stai zitto". Questa è la scena, ricostruita in base a quello che mi ha raccontato:
-Saba? Come mai proprio lui?-
-Perché non ha bisogno di grandi parole per fare poesia. La sua è una poetica pastello.-
"Eh? Ma questa è un fottuto genio! E adesso che le dico?"
Mi ha confessato di averci pensato tutto il giorno.

Ogni volta che ci penso mi fa sorridere. Soprattutto perché quando mi chiese il libro aveva la stessa espressione dello scoiattolo in foto.

sabato 17 gennaio 2015

Saturday night post

  • Oggi Tegolino mi ha fatto una sorpresa. Mi ha portata a visitare la mostra di Gunther von Hagens "Body Worlds". Forse ne avete sentito parlare; c'è chi gli ha dato del barbaro, del macabro pazzoide o dello Shakespeare della morte. Io l'ho trovato geniale. La combinazione perfetta di scienza ed arte. Si tratta, molto in breve, di un'esposizione di corpi umani veri, conservati dopo la morte tramite un processo di plastinazione (complesso da spiegare, ma il risultato è rendere i corpi simili a sculture di plastica) e rimodellati a ricreare comportamenti, azioni e posture del corpo umano quotidiano. E' stato fantastico, anche se un po' surreale, poter osservare da vicino il corpo umano dall'interno: un conto è sapere come siamo fatti, un conto è vederlo così, spiegato in modo genuino e cristallino, tanto da affascinare interi gruppi di studenti che, invece di sbuffare, osservavano tutto con attenzione.
    La parte che mi ha più colpito è stata quella sulla maternità, con la conservazione di embrioni in vari stadi di crescita, e sugli organi colpiti da cancro, in particolare il tumore del polmone dovuto al fumo. Seriamente, per chi fuma, ripensateci. E' qualcosa di orrendo.
    Insomma, se non vi spaventano certe cose (ho sentito di gente che è svenuta come un sacco di pere per aver visto i corpi) ve la consiglio; l'ho trovata interessante ed educativa, allestita splendidamente e con delicatezza ed attenzione ai dettagli, alla faccia di chi lo ha descritto come 'cruento e grottesco'.
  • Ho discusso con la mia amica Lenticchia. Il fatto è che alcune persone sono come dei tornado. Si formano quando correnti d'aria opposte si scontrano e risucchiano tutto nel loro vortice. E non importa se tu sei loro amica e stai cercando di stargli vicina (anche perché ti hanno chiesto di ascoltarle), alla fine finisci per essere travolta dalla corrente e il tornado ti ingloba. Da amica che ascolta e dà consigli, diventi un mirino, perché ormai lei ha perso il controllo della mitraglietta e non distingue più gli amici dai problemi. E vieni trattata a pesci in faccia. Ecco, il consiglio per chi, come me, ha amici così è quello di scappare quando la tempesta è vicina, e di tornare quando il tornado sembra essersi calmato. Credo che a volte non si possa essere "amico-sempre-al-tuo-fianco". Anzi, semplicemente, per far sì che un'amicizia sopravviva, è molto meglio saper fare un passo indietro ed evitare di diventare tornado a propria volta.
  • Ieri sera hanno dato 'Il cosmo sul comò' di Aldo, Giovanni e Giacomo in tivù. L'ho guardato distrattamente mentre studiavo e ad un certo punto vedo uno sketch su loro tre vestiti da monaci giapponesi. Si chiamano Tsu-Nami (e fino a qui, l'ironia l'ho colta), Pin e Puk. Il mio pensiero è stato: "wow, Aldo si chiama Puk come il folletto di A Midsummer Night's Dream di Shakespeare! Bravo il trio, una cosa buona in questa tristezza di film!".
    Ripeto il pensiero ad alta voce a mio padre questa mattina e lui mi fa:
    -Ma non hai capito che "pin" e "puk" stavano per i codici segreti che si inseriscono sul telefono?-
    -...-
    Ecco, forse troppo studio a volte ci fa vedere le cose troppo complicate. E ci fa sopravvalutare gli altri!

    Buona serata, pals!
    A presto,
G

domenica 11 gennaio 2015

Tecnolo-G

Negli ultimi due giorni, il mio computer ha deciso di dare i numeri: il mouse non funziona più e ha trovato molto divertente lasciarmi cliccare a vuoto sullo schermo al grido di "O funzioni o ti rompo!". Ovviamente tutti i miei innunerevoli clic (manco a dirlo, si impallava dopo avermi dato l'illusione di funzionare e nei momenti più cruciali) hanno provocato delle consequenze: ho cancellato un commento 30 secondi dopo averlo pubblicato, cancellato un intero post (ringrazio Fede per averlo commentato e per la sua dolcezza), spostato tutte le icone del desktop, trascinato la cartella con le prime bozze per la tesi nel cestino e quasi svuotato il cestino. Ah, ho anche cliccato su un pop up e preso un virus. Il fatto che io sia figlia di un programmatore mi fa accapponare la pelle. Quando si dice "darsi all'ippica".

sabato 10 gennaio 2015

La cena per farCi conoscere

Procediamo per punti:

-il Capodanno è andato. La location quest'anno è stata apprezzatissima; un piccolo rustico con tanto di caminetto e karaoke. Unico problema? Se uscivi fuori pareva di stare in Transilvania. Probabilmente la vicinanza col cimitero (i lumini si vedevano in lontananza abbastanza distintamente) non ha aiutato. Io e Tegolino siamo rientrati alle sei, fieri, per una volta, di non esserci ritirati alle undici come Sandra e Raimondo.

-Ieri sera siamo stati a cena da una coppia di amici. Hanno da poco ristrutturato una piccola casetta e si sono trasferiti lì, per cui ci siamo riuniti noi quattro, Herr P., il nostro amico che studia in Germania e che è tornato per le vacanze, e la mia amica Gnappetta e il suo misterioso fidanzato.
Ecco, tra un limoncello e un Franciacorta, l'agitazione generale era palpabile. Un po' perché Herr P. è tornato e si è ritrovato con due coppie di amici su tre che convivono bellamente, un po' perché è stata una sorpresa per tutti che Gnappetta sia andata a convivere con il suo ragazzo in quattro e quattr'otto (diciamo quasi da quando si sono conosciuti). 
Ora, il nodo gordiano sta nel fatto che tra lei e lui corrono 12 anni di differenza: lungi dall'essere bigotti o ipocriti, anche perché i nostri amici che ci hanno ospitato hanno anche loro un piccolo divario di età, la cosa ci ha lasciato tutti un po' perplessi. Me per prima, perché Gnappetta per me è come una sorella. Siamo tanto uguali quanto diverse, e per dirla in maniera spicciola, lei è il cuore e io il cervello. Lei mi spinge a credere nella forza dei sentimenti lasciati a briglia sciolta e nell'infallibilità dell'istinto, e io difendo il lucido raziocinio, l'ordine, la logica dei sentimenti. Lei è un palloncino e io il peso che le impedisce di volare via. Le famose due facce della stessa medaglia.

Quello che più mi preoccupava all'inizio, quando mi disse che aveva conosciuto questo ragazzo, era il fatto che (chiamatemi pure Matusa) dodici anni, a questa età, a me sembrano proprio tanti. A 24 anni si hanno e credo si debbano avere le vele spiegate, mentre Gnappetta in cinque mesi è già passata oltre, all'età della casa, delle cene dagli amici di lui e dalla sua famiglia, ai bisticci, ai lavori per sistemare casa, al metti l'acqua per la pasta che sto rientrando, al sapone Nelsen in offerta, alla lavastoviglie serie A a risparmio energetico.
Intendiamoci, anche S. ed E. ora convivono, ma loro stanno insieme da anni luce e sono tutt'altro discorso.
E io la vedo innamorata, ma la vedo anche un po' spenta, soffocata dai mille impegni, dallo studio, dal lavoro, da una relazione che a suo dire non è propriamente spensierata come potrebbe essere quella di una ragazza della sua età, ma con una persona impegnativa, che a volte mi sembra indifferente ai sacrifici e agli sforzi di lei.
Insomma, ieri sera eravamo tutti trepidanti, perché in sei mesi nessuno, nemmeno io, aveva mai conosciuto Lui. E alla fine è andata, ci siamo divertiti, anche se gli avrò sentito pronunciare in totale cinque frasi, e non ho ben capito che tipo sia, se forse questo divario di età abbia pesato oppure no, se forse non ci siamo interessati abbastanza (ma poi, che domande posso fare ad uno che sa che io so perché Gnappetta mi ha già raccontato tutto di lui? In questi casi che si fa? Si domanda lo stesso?).
Sostanzialmente più che la cena per farlo conoscere a noi, è stata una cena per farci conoscere noi: noi siamo così, forse ancora troppo ventiquattrenni, forse troppo goliardici, forse troppo semplici, poco impegnativi, troppo tarallucci e vino, troppo facciamo un brindisi alla nostra e a chi ce vo' male, troppo abbiamo mille piani per il futuro e speriamo ancora di potercela fare, troppo abbiamo convissuto o conviviamo eppure rimaniamo come Sandra e Raimondo più che come Pina e Fantozzi.
Io lui non l'ho capito, ma spero che abbia capito noi, che abbia capito me. Che sappia bene quanto amo Gnappetta e in quanti pezzi potrei spezzargli le zampette se la trattasse male. Ma più di tutto, io spero che abbia capito lei, che sappia quale privilegio sia stare con una persona così pura, così volitiva, che dopo aver sofferto tanto crede ancora nel darsi incondizionatamente, sempre.

Spero di poter essere sorpresa in positivo.

Mi preoccupo come mia madre.
Sono diventata peggio di mia madre. 
Oddio.