giovedì 6 novembre 2014

Memorie di un Erasmus distratto #3 Welcome to Malta

Al ritiro bagagli, dopo l'atterraggio alla Lost, ebbi un primo assaggio del mio fantozziano e avventuroso futuro soggiorno maltese. Gli altri passeggeri, compresi i miei compagni di viaggio, facevano i fighi con le valigie belle che arrivate. Della mia, manco a dirlo, nemmeno l'ombra.
Il rullo continuava a girare, a girare, a girare e io lì, ad aspettare, aspettare, aspettare... Già mi immaginavo la scena, a dover arrivare a casa con solo il bagaglio a mano, dove, non so per quale logica, avevo messo due pigiami, le ciabatte e mezzo chilo di biancheria intima. 
"Certo le mutande non mi mancheranno!", pensavo, mentre fissavo il rullo in attesa del mio valigione rosa. Sì, rosa. Ma rosa Bigbabol, per capirci. L'idea era stata di mia mamma, affinché potessi riconoscere il mio bagaglio tra tanti. Eppure non avevo potuto testare la cosa, visto che il rullo era vuoto come il deserto del Gobi: alla fine andò a finire che ben 1 h dopo, il mio trolley gigantesco mosse i suoi primi passi in terra maltese. Lo avevano semplicemente dimenticato. 

La ricerca del taxi fu semplice, abituarsi alla guida tutt'altra cosa. Puoi essere preparato in mille modi sulle consuetudini di un paese straniero: ma niente potrà mai prepararti al colpo al cuore quando un taxi con la guida a sinistra prende una rotatoria al contrario a 90 km/h.
Ho pensato di morire seriamente, fino a che non siamo arrivati sotto casa, in un quartiere residenziale e un po' vecchiotto di un paesino chiamato San Gwann. Vorrei farvi notare che l'esatta pronuncia era 'San Giuàn'. Erano circa 20 minuti che parlavamo col tassista, insistendo nel dire 'San Guàn'. 

C'è da dire che preferimmo affittare un appartamento, piuttosto che andare nello studentato. I motivi erano svariati, dalla maggiore indipendenza, al fatto che lo studentato era un po' fuori mano. E forse io fui influenzata anche dalla presenza di P., che da oggi in poi chiameremo Tegolino, e dalla prospettiva di vivere sotto lo stesso tetto, dopo mesi di treni, metro, webcam.
Finalmente giunti a casa, ci siamo presentati a Simon, il nostro padrone di casa: ci aspettavamo di trovare un teutonico impiegato dell'università di Malta in giacca e cravatta (così come si era presentato mesi prima nel nostro scambio di mail); trovammo, invece, un piccoletto dall'aria trasognata e dagli occhioni blu, in calzoncini e infradito, che rideva ogni tre per due e che, lo capimmo dal modo in cui ci mostrò casa e il quartiere, non aveva la più pallida idea di quello che stava facendo. Ci congedò con un sorriso e con qualche allusione alla bellezza di Tegolino e F. e noi rimanemmo soli.
Sbrigate le questioni pratiche come fare la spesa e dividerci le stanze (a me e Tegolino toccò, di logica, la matrimoniale), finalmente trovammo il tempo di guardarci bene intorno. E fu uno shock. 
La casa era stupenda, ma era il corrispettivo maltese della casa del GF che incontra la Casa di Sam Raimi. Due esempi per il tutto: dopo un'ora e mezza di olio di gomito, scoprimmo che una padella che era in cucina era rossa, non nera. E che la tavoletta del bagno non era beige. Ma bianca.
Io ero inviperita. Mi sentivo defraudata, insultata, ingannata: ma come, pensavo, quest'isola è inglese, dovrebbero essere tutti precisi come Mary Poppins, e invece mi ritrovo come Schiava Isaura al servizio del Reame della Pulizia?!

Insomma, le nostre prime ore maltesi passarono così, tra un disinfettante e un piumino da spolvero. Mi fa sorridere pensando al fatto che nessuno di noi pensò alla soluzione più ovvia: chiamare il proprietario e fargli un cazziatone da record, di quelli che forse solo gli italiani sanno fare. E invece no, passammo ben 5 ore a bonificare la casa da ogni possibile traccia di sporco, germi e sozzura, finché a cena non ci ritrovammo intorno al tavolo della sala a mangiare un hot dog e a cercare di non addormentarci sui piatti pieni di ketchup. 

Chiamai i miei al telefono, temendo che se li avessi visti in cam sarei scoppiata in lacrime e li avrei supplicati di riportarmi a casa, ma solo dopo avermi messa in quarantena per 30 giorni.
Quando poi mi misi a letto con Tegolino, ci guardammo negli occhi. La luce era soffusa, si vedeva la luna dalla grande finestra. Lui era bellissimo, io indossavo il mio pigiama più fronzoleggiante e trasparente, ed era la prima volta che dormivo con il mio ragazzo. E anche la prima in cui fossimo così in intimità. Ci stringemmo forte, spegnemmo la luce...
...e un attimo dopo eravamo già a lì a russare come motoseghe

Welcome to Malta, diceva il cartello all'areoporto. You wish, pensai prima di addormentarmi.

 



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