Una cosa che non vi ho mai raccontato è il buffo dei miei viaggi.
Le cose più singolari e buffe che mi sono successe in giro per il mondo e in giro per l'Italia.
Le cose più singolari e buffe che mi sono successe in giro per il mondo e in giro per l'Italia.
Il pensiero è nato spontaneamente mentre l'altra sera Tegolino mi scriveva del suo nuovo bilocale tedesco alla James Stewart e mi diceva "Ti ricordi quando...?".
E io di quel "quando" non vi ho mai parlato, quindi eccomi qui.
Dunque. Ricorderete il convegno in Inghilterra a cui ho partecipato a luglio. Dopo la fine del convegno, abbiamo avuto due giorni liberi per girare un po' la città e i dintorni. Per me era la prima volta in Inghilterra, quindi affrontai la sfacchinata di due giorni da turista con stoico coraggio e con un certo perverso piacere. Avevamo il volo alle sei di mattina del 10, ma, furbi come faine, avevamo deciso di lasciare l'hotel il giorno prima, la mattina del 9, e girare con calma la città, prendere il treno in serata, arrivare in aeroporto in tarda serata, mangiare, dormire nel Terminal, un po' a turno, e prendere freschi freschi l'aereo alle sei di mattina del 10. Facile, no?
Ci dicevamo "beh, se queste cose non le facciamo ora che ancora possiamo, quando le faremo? Mica possiamo arrivare ai trentanni senza aver mai dormito una notte in aeroporto! Lo fanno tutti; che non ci riusciamo, noi?". Mai pensiero fu più azzardato. La giornata andò molto bene, camminammo, visitammo tutto il visitabile e alle cinque prendemmo il treno per l'aeroporto. Arrivati lì decidiamo di mangiare. Poi, come al nostro solito, attaccato bottone con la cameriera, scopriamo che l'aeroporto chiude alle dieci di sera e che, di notte, resta aperto solo un minimarket.
"Cavolo!", pensiamo, "allora andiamo subito a fare i controlli, entriamo e facciamo un bel pisolino in attesa del gate.". Stolti.
Arrivati ai controlli, tiro fuori la mia bustina di plastica e rispondo, sorridente, alla signora che le distribuiva "No, thank you, I already have mine".
E la tizia, bionda platino e con un cipiglio da pitbull, mi alza un sopracciglio e mi fa "Oh, yeah? Let me see". Le passo la bustina con tutti i miei mini flaconcini accuratamente misurati in quantità e misura, pensando "Ci ho messo dieci ore a travasare tutti i saponi, trovare i flaconi delle giuste dimensioni, è tutto in regola, all'andata non mi hanno fatto storie, non può farmele lei!".
Lei mi guarda con un ghigno sadico e con la stessa crudeltà di Gargamella mi fa "This is too big, you need mine".
Io strabuzzo gli occhi e ingollando la mia umiliazione mi ritiro in un angolo a travasare tutto il contenuto da una busta e l'altra. Tegolino mi raggiunge preoccupato e mi fa "Cavolo, adesso devo cambiarla anche io, la busta è uguale alla tua!" e torna di fronte alla signorina.
"Is this okay?"chiede dubbioso, agitando la sua busta (che era identica alla mia!!!).
La tizia, per tutta risposta, gli sorride e fa "Yes, you can go, that is fine".
Schiumante di rabbia e indignazione, con un Tegolino abbastanza incredulo dietro, arrivo alla porta per i controlli e passo la carta d'imbarco sullo scanner. Luce rossa.
Panico. Salivazione azzerata. Cuore fermo. Infarto in corso.
Alzo gli occhi alla signora davanti a me e pigolo "Why red?". Lei mi guarda altezzosa, butta un occhio alla mia carta d'imbarco e fa "It's too early, you should come back an hour before your flight".
Erano le dieci e mezza di sera.
Non so se fosse stata la disperazione, il fatto che Tegolino avesse iniziato a stare male... abbiamo coerentemente abbandonato le nostre goliardiche intenzioni di passare la notte su una panchina e ci siamo ritrovati a fare un late check in in un B&B consigliatoci da un impiegato dell'aeroporto, che fu così gentile da chiamare e farci venire a prendere da "Frankie", il proprietario.
Una volta saliti in macchina e diretti all'ostello, Frank, un allegro pensionato ultrasessantenne con un nasone grosso e rosso, inizia a bersagliarci di domande, in un forte accento scozzese. Chi siete? Da dove venite? Dove andate? Come mai qui? E la mitragliata di domande continua anche una volta arrivati a casa sua, perché il B&B altro non era che una casetta di cinque camere, che una volta era stata la casa di Frank e di sua moglie.
Finita la ricognizione iniziale, tra un ninnolo a destra e una foto a sinistra, ci ritroviamo nel suo salottino privato con lui e la sua au pair, lui scalzo e con i calzini bucati, noi distrutti e un po' sopraffatti dalla quantità di rosa, carta da parati a fiori e clown di ceramica (e voi sapete che io odio i clown) su tutte le pareti.
Dopo aver praticamente fatto il terzo grado a Tegolino sul fatto che ero così bella e così in gamba e parlassi così bene inglese che doveva sbrigarsi a mettermi un anello al dito e diventare un uomo onesto, mi prende per mano e mi fa vedere tutte le foto di tutte e cinque le sue figlie e della defunta moglie, dicendomi che era un peccato che fossimo lì solo per una notte e che avrebbe voluto passare più tempo con noi, perché gli ricordavo le sue figlie.
Un po' inteneriti, ma con la stanchezza oltre i livelli di guardia, lo abbiamo salutato con un abbraccio e la promessa di tornare da lui se fossimo ricapitati da quelle parti dello Yorkshire (mentalmente, ho aggiunto alla promessa, "basta che non trovo più clown"), e ci siamo chiusi in stanza.
Tegolino, manco a dirlo, è crollato sul letto come il delfino in Free Willy. Io ho passato il resto della nottata a guardare Who wants to be a millionaire? in tv e a morire di freddo rannicchiata contro di lui. E ad evitare di guardare il clown di porcellana che torreggiava sul comò.
Tegolino, ancora oggi, ogni tanto mi fa "Ti ricordi quando siamo finiti nel salottino di Frank?"
...a breve un altro resoconto, altrimenti raggiungerete l'età di Frank leggendo il post!