venerdì 26 febbraio 2016

From Teutonia with love

Non credo sia mai passato così tanto tempo dall'ultimo aggiornamento o dall'ultima volta che ho letto di voi. Sono davvero dispiaciuta. Ecco, però, se mi perdonate, che vi racconto l'ultimo mese.
La cosa più meravigliosa è stata sicuramente il viaggio in terra tedesca da Tegolino. Dio, quanto mi è mancato. E' stato uno di quei viaggi pieni, rotondi, tutti curve e morbidezze, che ti fanno sentire a casa anche se lontano mille miglia. Pieni di cibo, di risate, di cose nuove e di lui.
La sua casina da scapolone, tutta bianca e legno chiaro, con il padrone di casa russo che entrava agli orari più impensabili per finire di ristrutturare la seconda stanza mentre Tegolino era a lavoro e io in casa, imbacuccata come un befanino appeso alle bancarelle di Piazza Navona, a lavorare per il convegno shakesperiano o sulla tesi. Le chiacchiere con il signore russo, che bussava ed entrava in punta di piedi, e aveva una chiacchiera che, per la miseria!, mi ha costretto a superare il mio imbarazzo cronico nell'interagire in tedesco e a parlare, sbagliare dieci parole su nove, ma a parlare.
Sapevate che bistrot si fa risalire alla presenza russa a Parigi, quando i soldati russi misero i parigini a lavoro e urlavano "bistro! bistro!", che vuol dire "schnell, schnell!" o "veloce, veloce!"? Io l'ho scoperto da questo signore. O che in Giappone ogni verdura, indipendentemente da cosa sia o quanto pesi, costa come un euro? O che frutta come l'ananas in Giappone è una frutta da donare quando si è in visita a qualcuno e non una frutta da tutti i giorni? Eh, v'ho stupito, eh?!
Oh, intendiamoci, io ve lo riporto, ma considerate che me l'ha detto in tedesco, quindi potrei aver capito tutto il contrario...
Le giornate in casa ad aspettare il rientro di Tegolino in serata erano buffe, insomma, condite dalla presenza del russo, del lavoro incessante al pc, ma anche poi da quella dose di coraggio che mi ha spinto a uscire da sola, un giorno, e ad arrivare al centro per una passeggiata. La città era bellissima, una Venezia in miniatura, l'aroma delle Bäkerei dappertutto, e quel giorno c'era persino il sole. 
G, ovviamente, si è persa, è arrivata a piedi dall'altra parte della città, poi è tornata indietro, poi preso il tram ma scesa alla fermata sbagliata in mezzo ai boschi. Insomma, prendete una pallina da flipper, aggiungetele un cappellino di lana grigia, una sciarpona e i doposci peluccosi e avrete G su e giù per la Germania.
Ho riscoperto il sapore dell'insicurezza linguistica e culturale. Non mi ero mai data tanta pena nei miei viaggi. In UK sapevo che non avrei mai avuto problemi, in Spagna sapevo farmi capire, a Malta meglio ancora. Ma è vero che quando non sei padrone di una lingua non ti senti padrone di nulla, né dei mezzi di trasporto, dei menù nei ristoranti, né delle relazioni interpersonali. Però la cosa buona è che non ho mai, mai, mai parlato in inglese. Ho sempre usato il tedesco, anche se persa, nel panico e con zero idee su dove fossi o cosa dovessi fare. Quindi posso essere contenta di me stessa, dopotutto.
Sono felice di aver visto la vita tedesca di Tegolino. L'ho visto sereno, sicuro di quello che sta facendo, contento dei colleghi, che ho incontrato una sera in un locale messicano e con cui abbiamo parlato inglese, tedesco, italiano e spagnolo come nelle barzellette (C'erano tre italiani, due spagnoli, un'ungherese, un italotedesco allo stesso tavolo in un locale messicano. Decidono di andare a vedere The Revenant in inglese ma sottotitolato in tedesco...). 
Mi sono mancati tantissimo i suoi abbracci, rannicchiarmi contro il suo petto la notte, ridere con lui nel buio della notte, le sue carezze, andare in giro a cercare negozi di musica, sentirlo schiarirsi la voce in giro per casa, cucinargli il ragù, guardarlo negli occhi e sentirmi a casa, girare per casa, vedere i suoi maglioni, il suo spazzolino, sentire il suo profumo e, anche se sola, con un panzone russo a martellare nell'altra stanza, sentire di essere nel posto più bello del mondo.
E poi nostri tour culinari che ci hanno portato solo in locali tipici, ad assaggiare Schnitzel, Spätzle, Knödel, Maultaschen, Brezen -quanti ne ho potuti mangiare!- e, soprattutto, cioccolata, dolci, torte... Strudel!!!! Ecco, forse non vi ho detto una cosa di me: AMO, assolutamente VENERO qualsiasi tipo di dolce che contenga mele e cannella, i miei ingredienti preferiti. Lo Strudel, manco a dirlo, è il mio dolce preferito e ne mangerei quintalate a colazione, pranzo e cena (cosa che per poco si è concretizzata in Germania). 
Tutto con Tegolino è sempre assolutamente colorato, pieno, pittoresco, quasi da scriverci un romanzo. Un giorno ci siamo ritrovati in una bottega polverosa di un liutaio cieco che gestiva il negozio con una signora cinese tanto vecchia da sembrare un fossile di trilobite, vestita in abiti cinesi e con un tedesco perfetto. Tanto per citarne una.
La lingua, poi, è stata frutto di tante risate. Il tedesco di Tegolino è fantastico, ma quante risate quando il mio, ancora zoppicante, mi faceva capire le cose meglio di lui! Una sera incontriamo una signora tedesca: Tegolino stava facendo una foto, io lo guardavo e vedo avvicinarsi questa signora con una sua amica, che un po' preoccupata ci chiede "Können Sie uns helfen?". Io faccio per aprire bocca, ma Tegolino si gira, fa una faccia buffissima ragionando con gli occhi al cielo e fa "Ne, ne, dankeschön!"*. Io e la signora lo guardiamo ad occhi sbarrati e lei se ne va, un po' sconsolata. Al che mi giro e dico "Tegolino, ma non aveva bisogno di noi quella signora?". Lui sbarra gli occhi, io gli ripeto le esatte parole, ma con un accento molto meno bavarese, e lui le urla di tornare indietro, che aveva capito male.
Per non annoiarvi oltre, vi lascio con una delle canzoni colonna sonora della mia vacanza in Germania e vi lascio un bacio per uno.
G

*"Ci potreste aiutare?"
"No, no, grazie!".

martedì 2 febbraio 2016

Reazione a catena (e non è il programma tv)

Ve lo dico?
Ve lo dico.
No, non ve lo dico.
Ma sì, ve lo dico.
Ve lo dico?
Basta, ve lo dico.
Nella scaletta della mia tesi ho inserito un paragrafo che ho intitolato "When social planning backfires".
Ecco, nel mio caso attuale, potrei dire "When having no plans backfires".
E così è successo. Ricordate che ho fatto domanda per uno stage all'estero, pensando che mai avrei vinto la scholarship. Quando ci si mette in lista per questi stage in teoria si deve prima aver trovato un datore di lavoro. Io, se vi ricordate, ho fatto domanda a sei ore dalla scadenza, sotto un impulso che mi ha preso alla sprovvista. Ovviamente non avevo un'azienda pronta per me e questo mi aveva automaticamente convinto a non sperarci. 
L'anno scorso due mie compagne fecero domanda con due stage ben programmati a Berlino, le aziende pronte ad accoglierle con il comitato del benvenuto, ma non hanno superato la selezione.
Figurati. E invece ieri, bam, chiamo l'ufficio di competenza e mi dicono che sono in riserva e che ci sono abbastanza fondi da far partire anche noi in riserva. Ma quando lo cerco di proposito, tutto questo qlo, dove l'è?!
Da lì è iniziato un vortice senza fine. Neanche Flash Gordon avrebbe mai potuto fare più in fretta di me. 
Ore 11 scrivo in Inghilterra per chiedere se mi accetterebbero a lavorare all'ufficio Erasmus dell'università. 
Ore 14 mi precipito in studio dalla Mente e cominciamo gli ultimi orali di questo appello, tesa come una corda di violino al pensiero dell'immane opportunità che mi era appena piombata addosso senza il minimo preavviso. Ero talmente distratta che la prof ha dovuto farmi cenno più volte per esortarmi a correggere la lettura agghiacciante dei poveri malcapitati che facevano l'esame. Alcuni hanno trasformato il Richard II in un rap di 50 Cent. Alack.
Ore 16.45, in un momento di pausa, confido tutto alla Mente, che prontamente scrive una mail per chiedere a un suo ex studente di lì di seguire la mia pratica, se fosse possibile.
Ore 18, riprendo l'autobus e comincio a scrivere una cover letter.
E in tutto questo i miei non erano minimanente pronti alla notizia. Babbo era stoico, più o meno, mamma è caduta nello sconforto, praticamente ammettendo che li ho messi di fronte al fatto compiuto, che sarò lì da sola, senza nessuno.
Insomma, mamma è sempre la persona ideale se vuoi essere rassicurata.
E questa mattina, appena ho aperto gli occhi, ri-bam!, trovo lì la risposta che mi informava che sarebbero delighted di avermi lì e che aspettano la mia cover letter.
Oddio. 
Adesso ho capito il senso metaforico dell'espressione "prendere una tegola in testa in mezzo all'oceano Indiano". A me è arrivata proprio in fronte.
E adesso sono qui davanti al pc, a mangiare pane e cioccolata, e non so se cominciare a saltare di gioia o essere terrorizzata. 
Ci sono così tante cose in ballo. La tesi che potrebbe ritardare, una sessione di esami che potrebbe saltarmi e costringermi a dare l'ultimo esame solo il prossimo anno, io e Tegolino che quasi non ci incontreremmo, la borsa che non coprirebbe tutti i costi e tutti i soldi che dovrò mettere da parte.
Però ci sarebbe l'opportunità di fare un'esperienza da sola, finalmente, e riprendermi quell'Erasmus inglese in solitudine che non ho mai fatto, l'inglese che migliora, nuovi orizzonti professionali che potrebbero aprirsi, la Mente che mi ci manderebbe a calci se potesse e la tesi da poter preparare in una delle migliori biblioteche del Regno Unito.
Sento che ormai la reazione a catena è iniziata e non può essere fermata. Voi che dite?
Per la prima volta sto facendo davvero qualcosa ad occhi chiusi, senza il mio solito paracadute che consiste in un'attenta e precisa pianificazione, e non so se mi sembra liberatorio o mi spaventa a morte. Forse entrambe.
Tra dieci giorni, intanto, andrò a trovare Tegolino e passerò le giornate nel suo appartamentino bianco a scrivere la tesi, mentre lui sarà a lavoro, e le serate insieme a lui, a parlare e a valutare tutti questi grandi cambiamenti che ci stanno investendo, a ridere, a coccolarci e a chiudere gli occhi e sentirmi in pace, almeno per sette giorni. Non vedo l'ora.
Vi lascio con Andreas Bourani, le stradine del video che sembrano tanto quella in cui vive Tegolino, e questa dedica teutonica che ultimamente canto sempre a squarciagola, con Pagnotta in braccio.